La trilogia del meta-teatro di Pirandello

Le 3 opere teatrali di Luigi Pirandello cosiddette di meta-teatro: Sei personaggi in cerca d’autore, Ciascuno a suo modo, Questa sera si recita a soggetto, con la nuova curatela di Vittorio Dornetti che indaga l’innovazione teatrale pirandelliana, con illustrazioni di Giulia Landonio.


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Termine prevendita

10 maggio 2024

Consegna prevista

15 maggio 2024

Info Autore

Vittorio Dornetti

Vittorio Dornetti

Vittorio Dornetti (classe 1951) ha svolto l’attività di docente per oltre quarant’anni, insegnando letteratura italiana, latino e storia antica prima in un liceo linguistico privato e poi al liceo scientifico di Crema: rimane tuttora l’attività (la maschera direbbe Pirandello) nella quale si identifica maggiormente.
Negli spazi concessi dal suo lavoro, si è interessato di Medio Evo, approfondendo la mentalità e la spiritualità degli uomini di quell’epoca, i movimenti ereticali e la figura carismatica di San Francesco d’Assisi (nel volume La santità laica). Si è poi interessato di alcune figure significative del Cinquecento italiano, in particolare di Matteo Bandello e delle sue relazioni con le corti padane, e Francesco Straparola da Caravaggio, figura significativa per il suo ruolo di mediatore fra tradizione popolare e tradizione colta e i suoi rapporti con l’editoria cinquecentesca rivolta al popolo.
In ambito novecentesco, ha scritto saggi su Alberto Moravia, su Ferdinando Camon, su Giovanni Testori.
Negli ultimi anni si è interessato soprattutto di storia locale e di autori cremaschi, con monografie dedicate alla nascita delle Casse Rurali di Crema e alla storia di Vaiano Cremasco e di Cremosano. Ha pubblicato un saggio sul poeta ottocentesco in dialetto cremasco Federico Pesadori e sui poeti contemporanei cremaschi Carlo Alberto Sacchi e Angelo Lacchini.

La nuova edizione

Il volume riscopre gli aspetti significativi e la contemporaneità di un teatro che scardina la quarta parete per porre interrogativi sul senso dell’arte drammatica, le nuove possibilità. Tra le pagine delle opere di meta-teatro, illustrate dalle tavole di Giulio Landonio, c’è la lotta tra l’autore e le sue creature, come il teatro può scuotere le certezze degli spettatori e la loro coscienza evocando personaggi dell’inconscio, in cerca di libertà (e di un autore che li metta in scena), apparentemente incontrollabili.

La trilogia teatrale dell’autore premio Nobel siciliano, riproposta in veste illustrata e con tre brevi saggi e un’introduzione analitica sulle fasi della poetica di Pirandello, riflette l’innovazione drammaturgica e dei ruoli nuovi del teatro. Centrale è la messa in scena dei rapporti tra i suoi soggetti (autore, regista, attori, pubblico).

La curatela delle opere contiene gli approfondimenti del prof. Dornetti in particolare sui seguenti aspetti:

– Fuori dal Verismo (evoluzione dello stile pirandelliano);

– Il comico, l’umorismo, il “sentimento del contrario”;

– La produzione drammaturgica dalle prime prove alla trilogia del “Teatro nel teatro”;

– Il teatro nel teatro, Pirandello drammaturgo innovatore;

– Analisi delle opere di meta-teatro.

Sei personaggi in cerca d’autore

In una città imprecisata, una compagnia teatrale è impegnata nelle prove di un dramma di Luigi Pirandello, Il giuoco delle parti. D’un tratto, procedendo dal fondo della sala, si presenta sul palco un gruppo di sei persone (quattro adulti, un giovinetto e una bambina), che si definiscono “personaggi in cerca d’autore”: vorrebbero infatti riuscire a rappresentare sulla scena il loro dramma, che è rimasto incompiuto a causa dell’impotenza creativa di chi li aveva in origine concepiti.

Irritato sulla prime, il capocomico finisce per convincersi a mettere in scena quel dramma, scrivendo lui le parti che l’autore non era riuscito a portare a termine. I personaggi cominciano a raccontare una torbida e scandalosa vicenda di adulteri e di rapporti familiari avvelenati, che sfiorano addirittura un incesto e, nella parte conclusiva, una tragedia. Siccome gli attori, che cominciano ad interpretare le diverse parti, non riescono ad esprimere i fatti con la giusta dose di realtà, saranno i personaggi che, in un primo momento, reciteranno sé stessi, facendo emergere la grande distanza fra quanto essi hanno vissuto e la finzione degli attori.

Il dramma si conclude con l’annegamento (accidentale?) della bambina – personaggio nella vasca del giardino, e il successivo suicidio del giovinetto che si tira un colpo di pistola. Ma quando la recita pare finita, e si riaccendono le luci, il ragazzo non si rialza e rimane immobile a terra. Si accende allora un drammatico dialogo tra i presenti: la bambina e il giovinetto sono morti davvero o stanno recitando? Alcuni propendono per una eventualità, gli altri per quella opposta. Ma il padre di famiglia, reggendo il corpo del giovane, assicura che non si tratta di finzione, ma di realtà. Quindi, i personaggi si allontanano e il capocomico, frustrato, riprende le prove del dramma di Pirandello.

Ciascuno a suo modo

In città si rappresenta il dramma di Pirandello Ciascuno a suo modo. Il pubblico è informato dai giornali che la vicenda rappresentata sulla scena è a chiave, perché si ispira ad un fatto realmente accaduto: il suicidio dello scultore La Vela, dopo aver scoperto che la sua fidanzata, Amelia Moreno, lo aveva tradito con il suo migliore amico, il barone Nuti. La cosa provoca un grande fermento tra gli spettatori, subito divisi in due fazioni, pro e contro le persone reali che hanno deciso di assistere alla rappresentazione. Proprio perché si preannunciano discussioni al limite della rissa, la Direzione del teatro non può garantire lo svolgimento regolare dello spettacolo fino alla fine.

La scena si apre nel salotto di casa Palegari; si apprende che il giovane Doro Palegari, la sera precedente, aveva litigato con l’amico Francesco Savio, perché aveva difeso le ragioni della donna traditrice (che sulla scena porta il nome di Delia Morello) di contro all’amico, il quale invece l’aveva definita una donna cinica e calcolatrice. Nel frattempo, però, i due si ricredono e si convincono proprio dell’opposto di quanto avevano sostenuto nel corso della lite. Questa circostanza dà origine ad un ulteriore, paradossale scontro: il Savio, presentatosi in casa Palegari per scusarsi con l’amico e confessare il suo errore, viene aggredito verbalmente dall’altro, sostenitore adesso della colpevolezza della Morello. Il diverbio si conclude con una sfida a duello fra i due.

Interviene all’improvviso, in casa Palegari, la Morello stessa con l’intento di ringraziare Doro per averla difesa. Ma quando ella ascolta le ragioni di chi l’aveva accusata, è in dubbio e sospetta che proprio il Savio, suo ex accusatore, aveva in realtà visto giusto, censurando il suo comportamento, che ella stessa non sa più comprendere. A questo punto, la donna cerca di evitare il duello che di fatto non avrebbe più senso, dato che tutti hanno cambiato parere o almeno vivono in una confusione che non permette di vedere chiaro in sé stessi. Cala il sipario.

Nel ridotto del teatro inizia un intermezzo nel quale, tra battute secche e confuse, gli spettatori commentano il primo atto, e si dichiarano pro o a favore dell’autore. Ma i protagonisti reali del dramma, il barone Nuti e Amelia Moreno, rimangono sconvolti da quanto hanno visto perché si sono pienamente riconosciuti nelle situazioni cui hanno assistito sulla scena.

Il secondo atto è ambientato nel giardino di Francesco Savio, che si sta esercitando in vista del duello. La Morello, recatasi a casa sua, lo scongiura di interrompere la sfida con il suo ex amico; però, inaspettatamente, interviene anche Michele Rocca (alter ego del barone Nuti) che vorrebbe vendicarsi a sua volta delle accuse ingiuriose del Palegari in merito alla sua relazione con la donna, che egli considera del tutto innocente. A questo punto il Savio, esasperato, rinuncia al duello, accrescendo la confusione generale. Tuttavia, una volta rimasti l’uno alla presenza dell’altro, la Morello e il Rocca riconoscono apertamente la passione che continua a tenerli legati. Cala ancora il sipario.

Nel ridotto del teatro c’è animazione: si viene a sapere che Amelia Moreno ha schiaffeggiato l’attrice principale, che rappresentava Delia Morello, e forse anche l’autore. Pure il barone Nuti protesta aspramente per la mistificazione avvenuta sul palco. Ma, una volta insieme, i due ripetono esattamente l’azione dei due attori sul palco. “Hanno fatto per forza, sotto i nostri occhi, quello che l’arte aveva preveduto”, è il commento. Ma la confusione nel teatro è troppo grande: gli attori protestano, la prima attrice ha abbandonato il teatro indignata, la rappresentazione non può continuare e viene dunque sospesa.

Questa sera si recita a soggetto

C’è grande animazione fra il pubblico della prima di una nuova opera di cui si sa pochissimo, a parte il fatto che dovrà essere recitata a soggetto, cioè improvvisando le battute, secondo la tecnica antica della Commedia dell’Arte, Artefice dell’impresa è il Dottor Hinckfuss, il quale rivendica subito l’importanza della sua direzione, simile a quella di un artefice vero e proprio: egli ha superato persino il ruolo dell’autore della novella da cui è stato tratto il canovaccio della commedia, cioè Pirandello.

Tuttavia, appare subito una frizione fra il Direttore e gli attori, fin dal momento della presentazione di questi ultimi, a causa dei continui interventi di Hinckfuss, che non consente agli interpreti di immedesimarsi completamente nei personaggi, come richiede appunto la recita a soggetto.

Finalmente l’azione prende avvio, introdotta da una processione religiosa che vorrebbe suggerire l’ambientazione del dramma, cioè la Sicilia più nascosta ed isolata; alla processione fa da contrappunto un ambiente complementare ed alternativo, un cabaret nel quale si balla e si ascolta musica profana.

Entrano in scena i protagonisti; la famiglia La Croce, composta da donna Ignazia, il marito, detto Sampognetta, e quattro figlie che hanno come spasimanti quattro ufficiali d’aviazione. Tra costoro, il più innamorato, geloso alla follia, è Rico Verri, un siciliano tutto d’un pezzo, legato a Mommina una delle quattro figlie. Donna Ignazia, abituata alle libertà del continente, disprezza l’ambiente siciliano in cui è costretta a vivere e, quasi provocatoriamente, si reca spesso a teatro con la famiglia, e concede ai giovani di corteggiare le figlie con una libertà che gli abitanti del posto considerano disdicevole.

Nel corso di una delle allegre serate in casa, durante la quale si acuisce la gelosia di Rico nei confronti dei compagni, Sampognetta, che si è legato ad una cantante del cabaret, torna improvvisamente a casa, tutto sanguinante perché vittima di una rissa avvenuta in quel luogo di malaffare. Qui sorge però una difficoltà: l’attore che dovrebbe interpretare Sampognetta non riesce ad immedesimarsi nella parte, anche perché disturbato dai continui interventi di Hinckfuss, che muta continuamente luogo e scenografie per stupire gli spettatori. Tutti gli attori allora si ribellano e pretendono di allontanare dalla scena l’importuno Direttore, continuando loro stessi la recita a soggetto.

La scena si sposta adesso nella casa di Rico e Mommina, che nel frattempo si sono sposati ed hanno avuto due figlie. Rico, sempre patologicamente geloso, ha praticamente recluso in casa la moglie e le due figlie, ed impedisce loro ogni contatto col mondo. Tuttavia, la donna viene a sapere dal marito che proprio nel suo paese si esibirà nel Trovatore una delle sorelle diventata celebre come cantante lirica. Mommina si rianima e descrive alle figlie con ammirazione l’ambiente magico del teatro e poi si abbandona a cantare la sua aria preferita dell’opera verdiana, Leonora, addio. Lo sforzo però la stronca, e cade a terra morta, anche se le figlie credono che ella, coinvolta nella parte, stia ancora fingendo.

Il dramma sembra concluso nel modo migliore, con una scena di grande pathos; gli attori circondano l’attrice che interpreta Mommina per farle i complimenti, ma questa non si alza, come se fosse davvero morta. In realtà, si tratta di un malore momentaneo. Compare di nuovo Hinckfuss, che non se n’era andato, ma di nascosto aveva continuato a dirigere gli effetti di luce.

Gli attori protestano ancora perché il recitare a soggetto, che presuppone una totale immedesimazione nel personaggio, può portare ad esiti nefasti, come era successo appunto all’attrice che aveva interpretato Mommina. “Ci vuole un autore”, ripetono, proprio per evitare questo pericolo. Il Direttore conclude la discussione, e il dramma, affermando che basterà avvalersi di parti scritte, lasciando tuttavia grande libertà al regista.

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